The Great Cosmic Mother

Una collaborazione tra il Moderna Museet di Stoccolma e il Modern Art di Oxford

Le storie che amiamo di solito sono quelle che, in qualche modo, consideriamo vicine al nostro mondo. Al contrario, le scoperte catapultano su scenari molto distanti dalla propria realtà. Eppure ci catturano. Un po’ come quella di Monica Sjöö la cui vicenda offre spunti su temi caldi quali, su tutti, la parità di genere. Si tratta di un argomento molto sentito per Marcolin, che sin dalla sua fondazione, è impegnata a sostenere politiche di genere in senso lato e azioni tese a favorire il bilanciamento tra vita lavorativa e vita familiare. Sin dall’inizio abbiamo scelto di prevenire: l’abbandono del lavoro da parte delle lavoratrici, innanzitutto, che per scelta o necessità, decidevano di occuparsi della famiglia. Col passare del tempo e il sopraggiungere di nuove sfide abbiamo attivato percorsi a sostegno della genitorialità, di inclusione ed empowerment al femminile di cui Sabrina Paulon, Group HR Director di Marcolin, ha già avuto modo di parlare. L’idea di raccontarvi The Great Cosmic Mother è nata da un interregno che unisce le assonanze e la qualità della scoperta di quest’artista svedese. Un percorso unico, in grado di mettere insieme tre elementi imprescindibili e interconnessi del mondo di Monica Sjöö: arte, politica e spiritualità.

La prima retrospettiva su Monica Sjöö è frutto della collaborazione tra il Moderna Museet e il Modern Art di Oxford è stata curata da Jo Widoff e Amy Budd

Quando Dio era donna: il mito della Grande Madre come eredità spirituale

Se il principio di ogni pensiero si misura con la parola, quella di Monica è collegata a Gaia, lo spirito della Terra, inteso come principio creativo del mondo, riflesso nel corpo della donna. È proprio quest’idea dipinta a unire i cicli della natura con la maternità, che, digradando in pratiche rituali vicine al paganesimo, rendono dirompente l’arte di Monica Sjöö. Quel che mette in scena non è una favola, e la tela God Giving Birth (1968) traduce inequivocabilmente l’iconografia femminista: Dio è una donna intenta a partorire. Ispirata dall’esperienza del parto del secondo genito, l’opera, tacciata di blasfemia e oscenità, sarà censurata e rimossa ovunque esposta. Oggi è parte di un corpo di 50 opere, tra le quali compaiono le suggestioni mistiche delle grandi tele e di opere murarie, inclusi i poster di protesta che hanno accompagnato l’artista nelle sue marce a favore dell’ambiente e della pace già a partire della fine degli anni ‘60.

Dalla Svezia al Regno Unito

Come molti artisti, Monica Sjöö ha vissuto una parabola personale che l’ha condotta oltre i confini di casa. Nata a Härnösand, nella contea svedese di Västernorrland nel 1938, troverà la strada dell’emancipazione a Bristol, dove si trasferisce in seguito all’incontro, avvenuto a Parigi, con il britannico Stevan Trickey, il futuro marito. L’esperienza traumatica del parto del primo figlio, avvenuta in un ospedale svedese, sarà materia di indagine personale fino alla catarsi, dovuta alla nascita degli altri due figli nelle più rassicuranti mura domestiche. A Bristol, nel 1964, Monica espone le prime tele astratte, dando inizio al suo impegno a favore dei movimenti femministi e pacifisti. È un rituale di passaggio che la porta in contatto con gli ambienti civili e radicali del suo tempo: dalle proteste contro la guerra in Vietnam passando attraverso le marce di liberazione dei movimenti femminili, che vedono nella libertà dell’individuo, senza distinzione di sesso, genere o classe un diritto imprescindibile. L’esposizione documenta l’impegno a tutto tondo dell’artista, consegnando al pubblico il ritratto di una donna la cui arte poetica, controversa e mai banale, radicale e struggente – come la tela a cui affida il dolore per la morte del figlio minore, Lament for my young son, primo di una lunga serie – e costringe alla riflessione. Il Moderna Museet di Stoccolma, in collaborazione con il Modern Art di Oxford, ha tracciato un fil rouge tra l’azione ecologista e femminista di Monica Sjöö e il movimento contemporaneo dei Fridays for Future, creato da un’altra svedese, decisamente più nota, ovvero Greta Thumberg. La mostra, per i temi trattati e per la narrazione originale, non poteva lasciare indifferente un’azienda come Marcolin. Per vederla a Stoccolma c’è tempo fino al 15 ottobre.

Elisa Lovatello

1

Come possiamo definire un Cool Hunter e le sue competenze?

Il Cool Hunter intercetta gusti con del potenziale di sviluppo nel futuro. L’attività di ricerca tocca i settori più disparati: dal food alla cultura, dalla moda al design fino a interessare i fenomeni sociali e le tecnologie. La sua formazione è eclittica: può essere un fotografo, un creativo – spesso designer e content creator, ma anche giornalista, scrittore e ricercatore universitario. In ogni caso il Cool Hunter non soltanto è animato da una grande curiosità e intuizione, ma ha anche doti di comunicatore e grande spirito di osservazione rispetto una realtà complessa e ricca delle influenze più disparate.

2

Cosa significa essere Cool Hunter in un’azienda come Marcolin?

Significa dare una struttura solida a una molteplicità di input esterni che riguardano solo alla fine della fase di ricerca l’ambito dello stile. Essere Cool Hunter significa tradurre le future tendenze del domani che altro non sono che gusti, idee, bisogni ma soprattutto atteggiamenti e mentalità ancora allo stato embrionale, la cui analisi mette insieme aspetti sociologici e filosofici della nostra realtà. Per esercitare questa attività fortemente intuitiva in un’azienda come Marcolin, la cui tensione creativa punta a dare corpo a bellezza e funzionalità, è necessaria anche una chiara visione di quel che il passato ha prodotto negli ambiti più diversi: dal mondo cinematografico all’arte, dal design ai libri e alla moda, ovviamente. L’orizzonte che chiamiamo futuro si intreccia spesso con gli echi del passato.

3

C’è un’ispirazione in particolare che guida le tue ricerche nell’eyewear?

Ho una grande passione per la Street Dance sin da ragazzina, che si unisce al mio background di musicista. Per questo motivo ho sempre guardato con un interesse, forse fuori dall’ordinario, i video clip che a partire dagli anni ’80 accompagnano i brani degli artisti. A volte sono questi video, efficaci sia da un punto di vista narrativo che estetico, a diventare un tormentone e a decretare il successo di un brano. La passione per la musica mi ha portato a intraprendere una ricerca proprio sulle influenze musicali del Novecento in diversi ambiti della nostra società. Ero da poco approdata in azienda e desideravo affinare un metodo da applicare al mio lavoro di creativa per Marcolin. Ho condotto quest’analisi fuori dal mio orario di lavoro, coinvolgendo anche i miei colleghi. Posso dire che la rielaborazione delle mie ricerche sui trend, sfociate nella definizione di tre grandi tendenze, ancora oggi in evoluzione e con sfaccettature che riguardano sempre più spesso l’ordine delle emozioni prima ancora che gli elementi estetici, sono riuscita a prevedere per esempio, l’avvento della Trap con un certo anticipo sui tempi, o le influenze su forme e colori di certe eredità storiche ed estetiche su quei brand con particolari storie da raccontare.

Gli anni ’60

Stars sparkle like diamonds

The Misfits, directed by John Houston and released in 1961, made history for various reasons. Firstly, because the film stars Marilyn Monroe and was written by her husband playwright Arthur Miller, as his first and only script. Secondly, because it also features Clark Gable, who had never worked with Marilyn Monroe before. As a final addition to this stellar cast – specifically assembled to promote the film written by Miller – comes Montgomery Clift. Today, for the first time ever, the public can view, set against the breathtaking backdrop of Forte di Bard (AO), a story within a story, thanks to discreet and never intrusive shots from the archives of the celebrated Magnum agency. The shots depict the behind-the-scenes of a movie shadowed by the fame and personal life of its main characters (film icon Marilyn Monroe more than anyone, who at the time was going through the end of her troubled relationship with Arthur Miller – the couple in fact officially announced their divorce after the shooting). The exhibition, open until September 17, 2023, offers the typical behind-the-scenes graceful approach, a peek at the atmosphere and energy of a unique mix of scenic fiction and vivid emotions.

A small group of photographers with a great personality had exclusive access to the movie set. Every one of them documented, with their own style, the film shooting

Nine brilliant photographers on stage

A small group of photographers with a great personality had exclusive access to the movie set: Eve Arnold, Cornell Capa, Henri Cartier-Bresson, Bruce Davidson, Elliott Erwitt, Ernst Haas, Erich Hartmann, Inge Morath and Dennis Stock. Every one of them documented, with their own style, the film shooting. The exhibition showcases 60 shots, as a tribute to the decade to which it refers, the 1960s, when the wind of change was blowing in America, shining the spotlight on youth protest movements. Western movies that were so popular in the 1940s and 1950s were now out of fashion; Arthur Miller knew it and so he chose a very personal approach to his script. Magnum Photos also wanted to be part of the change and welcomed the first woman photographer aboard: Eve Arnold, whose backstage shots of The Misfits are featured in this article as they really capture and express Marilyn Monroe’s emotional authenticity on and off stage.

The classic dark cat-eye or butterfly sunglasses that were so popular at the time featured the typical shapes that were considered real style must-haves and that are now back in fashion in the Marcolin collections

A timeless style

The diva, instead, the one who was born when she changed her name to Marilyn Monroe, expressed herself with seductive femininity – an allure that in the 1950s the Hollywood industry had already built around other icons of the time, from Elisabeth Taylor to Ava Gardner. After all, the audience just wanted to dream and the post-war period provided fertile ground for the codification, also in aesthetic terms, of a diva status that would continue until the 1960s. The classic dark cat-eye or butterfly sunglasses that were so popular at the time featured the typical shapes that were considered real style must-haves and that are now back in fashion in the Marcolin collections. In fact, in the shots featuring Marilyn in New York City on the day after her divorce announcement from Arthur Miller, she is captured forever wearing a pair of dark cat-eye sunglasses, her face framed by a classic white scarf, perhaps shielding her, like never before, from the tough outside world.

La forma del viso

Il primo occhiale non si scorda mai.

È quel che è successo ad Arianna Foscarini, una consulente d’immagine specifica per l’eyewear con diversi assi nella manica: il primo è che alla base di quella che è diventata una professione di lungo corso, ottica professionista, ci sono stati gli anni di formazione tecnico scientifico nell’ambito dell’oftalmica, seguiti dal perfezionamento di ambiti come la moda e il design. Il secondo è che la sua passione per l’occhiale ha mosso i primi passi in un ambiente familiare dalla spiccata radice creativa e artistica, che le ha reso subito chiaro che a volte l’applicazione alla lettera di formule funziona solo sulla carta. Così, quando a 14 anni ha dovuto indossare l’occhiale da vista che efficacemente correggeva la sua miopia l’amara scoperta: non le rendeva giustizia a livello estetico, ma la costringeva ad indossare quella forma di disagio che, sui banchi di scuola, molti hanno sperimentato sentendosi chiamare quattrocchi. Da questa esperienza personale è nata la sua missione di vita, ovvero supportare le persone a scegliere l’occhiale giusto per esprimere la propria unicità. Perché per dare corpo al proprio stile c’è bisogno di alleati. E un occhiale può fare la differenza.

Occhiali dalla forma allungata, come i cat eye o a farfalla, sono perfetti per i visi tondi.

Una questione di metodo: Foskap.

Arianna è l’unica consulente d’immagine, specializzata nell’eyewear, ad avere formalizzato un proprio metodo circa dieci anni fa, frutto di una pratica da sempre esercitata nella sua professione di ottico. Foskap unisce la praticità di test che mettono insieme estetica e tecnica, attraverso l’armocromia e la forma dell’occhiale da scegliere grazie all’analisi del volto della persona. «Molte volte si sceglie un occhiale prendendo come riferimento unicamente la forma del viso» spiega Arianna «in realtà così facendo si eludono tante altre caratteristiche del volto che sono determinanti allo scopo, come i volumi per esempio – un volto può essere scarno o piatto – la dimensione del naso, su cui l’occhiale calza, che catalizza l’attenzione, trovandosi al centro del viso». «L’altra parte importantissima è rappresentata dalla sezione aurea, di cui occhi, per l’aspetto refrattivo, la dimensione, la forma, la loro distanza, e, infine, la bocca sono fondamentali».

Molte volte si sceglie un occhiale prendendo come riferimento la forma del viso. Ai visi triangolari donano i famosi Pilot glasses.

La forma è anche ispirazione.

La forma del volto è un punto di partenza del metodo di Arianna e d’ispirazione al tempo stesso. Per esempio, al volto ovale, identificato da Leonardo Da Vinci come forma perfetta, donano tutte le forme degli occhiali. «In questo caso è importante armonizzare i volumi e valorizzare i punti di seduzione specifici della persona: occhi o bocca per esempio». Proprio partendo dal volto della perfezione di Leonardo lavora l’armonizzazione del metodo di Arianna, utilizzando accorgimenti ottici. Per questa ragione i quattro angoli tipici di un volto quadrato saranno smussati attraverso le forme arrotondate degli occhiali. Al contrario un viso rotondo, privo di spigoli, ha bisogno di movimento. «Occhiali dalla forma allungata, come i cat eye o a farfalla, sono perfetti in questo caso. Sarà anche importante il volume del volto, sul quale, nel caso di un viso particolarmente pieno, si può intervenire con la scelta di un materiale adatto, come i metalli». E per il particolare volto a triangolo? «E’ l’unico volto a cui donano i famosi Pilot glasses».
Se tutto questo risulta oltremodo vero da un punto di vista tecnico, da un punto di vista stilistico la personalità è una componente determinante nella scelta di un occhiale. Può capitare che la forma adatta sulla carta non si sposi al carattere di chi dovrebbe indossarla. Allora si lavora su opposti e accorgimenti, perché a volte, per mettere insieme ideale e stile, c’è bisogno di moderni alchimisti.

L’estate in un occhiale

The colour wheel that dominates the Style Department in Longarone brings to mind the ancient native American Medicine wheel.

If the map of the Universe of these peoples is still today structured with elements that contribute to the essential changes in life and in nature, where every colour has its own meaning and speaks of the Great Spirit that regulates the world, at the Marcolin colour wheel there is a great team of creatives and colour and material specialists. Silvia De Col is in charge of this curious and inspirational chapter in the story of how the eyewear colour palette changes from winter to summer. Since the very beginning, it appears clear that colours speak their own language and that it takes skill to channel them towards effective interplays of light and shadow.

Brighten up the tones.

«For this colour and material analysis we used as reference some combinations featured by one of our brands for fall-winter, whose colours and material finishes evoke the winter season. Our goal was to brighten up these tones without denaturing the brand’s signature palette» says De Col. «We also wanted to maintain a common thread running through the two seasons» she continues. «So, we worked with the colour wheel and turned on the light» she adds passionately. «We managed to brighten up the colours and the typical wintery shading, while maintaining the colour combinations by adding white». But to convey those emotional vibes that turn the warm season into the season of love, the team also focused on a colour trend analysis.
Three macro-themes were created. «The first one expresses itself through natural tones, such as brown and Havana. The second one features pastel and dusty hues, which clearly recall powder tones, like make-up. The third trend instead expresses itself through pop nuances» remarks Silvia.

Unmistakable summer vibes.

«We combined these three worlds together, leveraging on unique interplays of light that brighten up the hues. The colour Havana, for example, is more neutral and toned down in its winter version than in its summer one, which instead is enriched with tones of mint. This shade of green, according to our trend analyses, is perceived as more joyful and better suited for the summer season».
This method was used for all the colours and materials featured in the collections, because playing with transparency or design in general, combined with a colour palette, is not just a question of style. The secret lies in finding combinations that highlight the type of design you wish to enhance.

Customer Experience

La presentazione delle nuove collezioni Eyewear 2023 del Gruppo Marcolin, dal 17 al 22 giugno, in una struttura ricettiva in grado di unire la bellezza di un gioiello dal valore storico e una natura incontaminata.

A Pozzolengo a pochi chilometri dal pittoresco Lago di Garda, è stata l’occasione per accorciare e annullare le inevitabili distanze di un gruppo che tesse e cura le proprie relazioni in ogni angolo del mondo. Così, proprio come l’infaticabile ragno, che lavora con dedizione alla propria opera d’arte, conferendole spessore, forma e un’estensione fuori dall’ordinario, in grado di unire precisione e creatività, Marcolin ha accolto quella che è diventata, a tutti gli effetti, la sua community.

In un momento storico ricco di sfide e di opportunità, che spronano a innovare e a evolversi in un contesto che altrettanto rapidamente cambia, il segreto della trasformazione sta nelle relazioni.

Una cinque giorni immersiva con i singoli partner che ogni giorno comunicano al mondo il volto di Marcolin con uno scopo preciso: condividere i valori che stanno alla base del gruppo. Si è partiti dal Made in Italy, caratterizzato e riconosciuto a livello globale in termini di sapere e di identità e ci si è spinti oltre, andando incontro alla centralità della ricerca estetica, delle forme, dei colori e dei materiali, consapevoli che l’eccellenza passa dall’unicità della manifattura. Infine, si è approdati al sapore della scoperta, rivelando le maestrie che dietro le quinte lavorano alla produzione delle collezioni, tante quante le diverse e variegate anime incarnate dai brand che si affidano a Marcolin.

Eppure, non esiste reunion senza il rinnovo di una promessa, di intenti e di un sentito arrivederci a presto.

Con questa visione e con questo spirito, la cui essenza racconta dell’alto tasso valoriale che Marcolin attribuisce ai propri partner, è nato un nuovo progetto dedicato: la Customer Experience Transformation. Marcolin percorre la strada del rinnovamento coinvolgendo con metodo e inclusività tutti gli attori che ne costruiscono il successo da oltre 60 anni. La CX Transformation è la dimensione ideale in cui Vision e Mission si incontrano. Essere identificati come punto di riferimento nel mercato mondiale dell’eyewear è possibile solo riconoscendo il ruolo fondamentale dei partner nella crescita dell’azienda.

In un ipotetico dizionario contenente le parole che costruiscono e orientano la nostra CX Transformation

Diamo quindi pieno potere all’ascolto e alle previsioni delle esigenze dei nostri partner, al miglioramento costante delle nostre relazioni, delle nostre creazioni e dei servizi che offriamo. L’evoluzione, del resto, è anche frutto delle più attente strategie di comunicazione.
E che cos’è la comunicazione se non un nobile atto di condivisione?

Marcolin a Stoccolma

In the capital city of Sweden, stretching along the eastern coast with a scenic landscape that is iconically dotted with 14 islands and over 50 bridges connecting them, the horizon seems to dissolve, its thin line blurring, bridging the waters of Lake Mälaren with the calm ones of the Baltic Sea.

In these North European locations, the month of June perfectly embodies the metamorphosis of the calendar of the “soul”, strictly connected with the awakening of nature. In Stockholm, the dark and long winter months give way to a bright picturesque landscape, which unwaveringly sheds its light onto every corner of the city. Oblivious to the night, its gentle touch caresses a landscape that conveys femininity, starting with the element that enlivens it the most: water. In the City Hall, as a sign of rebirth, where myth blends together with folklore in the celebration and worship of the summer solstice, of trees and female deities, Max Mara presented the Resort 24 collection, whose lines and patterns clearly nod to the Scandinavian land.

Marcolin flew to Stockholm to see the city’s spirit through the eyes of one of its many talents, Lisa Olsson, a big devotee of the Max Mara brand.

The meeting with Lisa, Founder and Jewellery Designer of Nootka, takes place in her boutique, located in the vibrant Norrmalm district, among the neoclassical buildings of an area that is dotted with cafés and Swedish design and fashion corner stores. Nature, an essential element for any city resident, takes the form of the Kungsträdgården Park, with its lush trees and pathways winding through an enchanted fairytale-like landscape. As soon as you step into her atelier, the bright June sunlight becomes one with the shade of coral that dominates the walls and the overall atmosphere of the place. «I longed for the warmth of summer all year long. This color was the best choice», Lisa points out, and then starts telling us her adventure as a designer from the very beginning. «I was born in Malmö but I’ve lived in Stockholm for about nine years now».

I love the fact that it’s a big city with a sustainable approach: you can walk or ride a bike anywhere. Then there’s the water element that makes it unique.

The designer’s love for the capital city also resonates through her words.

«I love the fact that it’s a big city with a sustainable approach: you can walk or ride a bike anywhere. Then there’s the water element that makes it unique». Lisa, like any Swede, celebrates summer in the outdoors. «The long months of darkness push us to celebrate the summer season in the parks. Any time is a good time to slow down and enjoy the sunlight» she adds, «the islands are another unique element of the capital city, from which you can admire epic scenery at a short distance from the city». Living in harmony with nature is a recurring theme in Lisa’s words. This concept also takes shape in her jewelry creations, where she gives a new life to silver, the only element used by her brand. «Every piece is handcrafted and produced in Stockholm» she says. She relies on the most skilled artisans in town, who are selected for each and every collection. Hers is an identity that is just as feminine as it is rigorously Made in Sweden. It reveals itself in the classic elegance of a little museum, one of her favorite in town, where she takes us to admire its geometries and magnificent location.

The Carl Eldh Museum has turned the atelier of the greatest Swedish sculptor of the 20th century into a meeting place for passionate enthusiasts of hidden wonders.

«I like it because it is small and because it combines art with nature». Her enthusiasm for Swedish traditions does not only engage sight, but also taste. So, as she moves along the tree-lined boulevards downtown, the sun shedding its light onto her cat-eye sunglasses, walking towards one of her favorite cafés – Pascal Caffè, that she guarantees is the best place to enjoy the Swedish custom of Fika in Stockholm – clad in her total black silhouette, for a moment she gives the illusion of being in Paris. But that’s another story.

Guess Festival Collection!

Ogni anno l’arrivo della bella stagione è celebrata, neanche a dirlo, a suon di musica.

Tra gli eventi più attesi che le rendono omaggio, ci sono i festival, che già a partire dal mese di aprile si susseguono nelle cornici più suggestive e più o meno note d’Europa, suscitando un rinnovato slancio in un contesto post pandemico che da quest’anno ha ritrovato un seguito senza precedenti in termini di partecipazione. I mesi di maggio e giugno fanno da volano agli innumerevoli sound e suggestioni dai paesi più diversi, al punto che per districarsi nell’onda lunga dei festival si può solo cavalcarla sfrondando l’offerta e selezionando per generi. Così partendo dalla dorsale del Nord Europa, i quattro giorni del Bergenfest, in Norvegia uniscono, in un sapiente mix, sound nordici e rock internazionale arricchiti dalle note meno usuali del country americano. I festival non sono solo musica, sono anche eventi in grado di diventare un tutt’uno con paesaggi straordinari grazie al potere del suono. Così dal grande nord fino agli avamposti a sud del Mediterraneo il fascino delle performance live non conosce eguali: dall’indie rock, fino all’elettronica, passando per il jazz e il pop. Dalla Cornovaglia, all’interno dell’Eden Project, un paradiso ricavato da un’ex cava di kaolinite al cui interno sono custodite due delle più grandi biosfere del mondo, fino al festival del jazz ad Atene, nella straordinaria cornice post-industriale di Technopolis.  

Anche il Primavera Sound di Barcellona, uno dei festival più amati dai cultori della musica indie rock, quest’anno seguito anche in streaming, ha regalato performance, a bordo mare, alla stregua di accadimenti emotivi.

Poteva Guess, brand giovane e ammaliante, amante della fiesta, non tributare allo spirito della musica e dei Rainbow Color Festival una collezione dedicata?

La Festival Collection di Guess è tutto questo e ancora di più.

Un viaggio alchemico che trasforma le sonorità in montature geometriche e avvolgenti, e i decibel nei colori vivaci e brillanti dei mesi estivi. Proprio a Barcellona, nel suo flag store nel quartiere più chic della città, Guess ha presentato la sua Festival Collection, con la complicità di Elisa Maino e altre ospiti invitate a celebrare la giornata 

Look e location mi ricordano Runaway di Aurora. Questo pezzo mi trasmette un bellissimo senso di pace. Il luogo e l’outfit romantico abbinati all’occhiale dalla silhouette femminile creano un radioso effetto di luce sul mio viso.

Il potere della memoria viaggia su note musicali.

“Ricordo che quando avevo circa 14 anni indossavo sempre vestitini floreali e occhiali appariscenti dalla montatura importante. Ascoltavo tantissimo i One Direction”, ricorda Elisa.

Questo abbinamento fa da specchio alle ore trascorse ad ascoltare le loro canzoni insieme alle mie amiche durante le giornate al lago dove abitavo quando ero più piccola.

Con questo spirito mixare occhiali e ispirazioni sonore si è rivelato un gioco in grado di creare suggestioni dalla forte personalità. Fino al prossimo Festival.

Barton Perreira

1

La manifattura artigianale è il vostro fiore all’occhiello. Come siete arrivati a scegliere il Giappone per la vostra produzione?

Bill Barton. Crediamo fermamente che il Giappone sia la patria dei migliori produttori di occhiali al mondo. Il rapporto che abbiamo instaurato con i nostri artigiani in Giappone dura da oltre 30 anni. Il livello di comprensione e di comunicazione su cui possiamo contare in questa collaborazione è eccezionalmente alto. Si tratta di una vera rarità nel nostro settore. Il fondamento che sta alla base  del nostro design è un forte impegno per l’artigianalità. Le nostre montature sono il risultato di un processo produttivo meticolosamente realizzato a mano in fabbriche giapponesi, la cui eredità nel saper fare è un patrimonio multigenerazionale. Collaborando a stretto contatto con gli artigiani giapponesi, possiamo attingere al loro ricco patrimonio per creare i migliori occhiali in tutto il mondo. In Giappone, la minuziosa attenzione ai dettagli è fondamentale per assicurare ad ogni paio di occhiali la perfetta vestibilità. Ogni singolo elemento deve essere eseguito con precisione. Il prodotto finale, poi, così rifinito, emana una sorta di matrice distintiva: è l’aura di un prodotto luxury. È questo approccio al nostro processo di creazione a distinguerci da tutti gli altri marchi.

 

Le nostre montature sono il risultato di un processo produttivo meticolosamente realizzato a mano in fabbriche giapponesi, la cui eredità nel saper fare è un patrimonio multigenerazionale.
2

In termini di codici di stile, come si traducono due aggettivi a voi molto cari: istintivo e senza compromessi?

Patty Perreira. Il mio processo creativo è fortemente istintivo. Scelgo consapevolmente di non aderire alle tendenze del momento. L’ispirazione per i miei progetti nasce da suggestioni diverse: dalle forme ai colori, fino a tecnologie specifiche. A volte è persino uno stato d’animo a influenzarmi. Incorporo forme fluide, composizioni dinamiche ed elementi inaspettati nelle mie creazioni, ma facendo ben attenzione alle proporzioni del viso. È fondamentale assicurarsi che il prodotto finale si adatti perfettamente al volto di chi lo indossa. Essendo una creativa prettamente visiva, trovo ispirazione in quasi tutto ciò che incontro. Quando creiamo e sviluppiamo progetti, siamo intransigenti su aspetti come qualità, artigianalità, funzionalità ed estetica. I nostri artigiani giapponesi sono consapevoli della nostra visione e dell’alto livello di qualità a cui aspiriamo, dai materiali che utilizziamo alla costruzione di ogni montatura.

 

Scelgo consapevolmente di non aderire alle tendenze del momento. L’ispirazione per i miei progetti nasce da suggestioni diverse: dalle forme ai colori, fino a tecnologie specifiche. A volte è persino uno stato d’animo a influenzarmi.
3

Verso quali orizzonti punta la vostra ricerca in termini di materiali innovativi?

Patty Perreira. Lavoriamo ogni giorno con i nostri artigiani giapponesi per esplorare nuovi materiali. Gli obiettivi che perseguiamo puntano a una maggiore durata nel tempo, alla leggerezza e alla flessibilità dei materiali al fine di ottenere la massima vestibilità. Il nostro scopo, in generale, è andare oltre i confini dei materiali tradizionali ed esplorare nuovi modi per migliorare le nostre collezioni. Grazie all’attività di ricerca e alle collaborazioni che attiviamo, ci sforziamo di introdurre materiali innovativi che offrano soluzioni sostenibili, unite ad alte prestazioni, tecnologicamente avanzate, in fatto di design.

 

Emilio Fulgione

1

Il Progetto sulla Tracciabilità, di cui lei ha seguito il lancio, è un importante step che coinvolge la supply chain. Di cosa si tratta?

La sostenibilità è uno dei pilastri della storia di Marcolin: a questo tema impegniamo ogni area dell’azienda, partendo dal prodotto e coinvolgendo l’intera value chain. Il risultato di questo ingaggio, in termini di prodotto per esempio, ha portato l’azienda, la prima nel settore eyewear – tra i produttori – a ottenere la certificazione ISO 13485:2016, che regola a livello internazionale i sistemi di gestione qualità nel settore dei dispositivi medici. Requisito di grande importanza per questo riconoscimento è stato il “Progetto di Tracciabilità” in cui l’azienda è impegnata da tempo, supportando il monitoraggio continuo nella catena di fornitura degli occhiali immessi sul mercato.  Il progetto prevede che tutte le montature da sole e da vista realizzate da Marcolin riportino un numero seriale laserato sull’asta (indicato anche sull’etichettatura di ogni prodotto, insieme alla data di fabbricazione), così da consentire all’Azienda la tracciabilità delle montature dalla produzione alla distribuzione.

2

In quali termini la tracciabilità influisce sulla sostenibilità delle risorse, naturali e umane?

Certificazione e Progetto di Tracciabilità si inseriscono all’interno di un più ampio piano ESG sviluppato dall’Azienda che ha proprio nella sostenibilità – economica, sociale e ambientale – uno dei fondamenti della propria strategia di sviluppo. Abbracciamo l’attenzione per l’ambiente, per le persone e per una governance aziendale efficace e moderna, per raggiungere quei 17 obiettivi SDG [Sustainable Development Goals, N.d.r] posti dalle Nazioni Unite nel 2015. Un impegno per tutti noi, che chiediamo venga condiviso anche dai nostri partner e fornitori, in una visione di responsabilità sociale collettiva.

3

Qual è il segreto di una supply chain efficiente e sostenibile, e su quali fattori investirà Marcolin in futuro?

Marcolin persegue nell’impegno investendo: attraverso progetti di ricerca e sviluppo di nuovi materiali sostenibili, tanto per i prodotti quanto per il packaging. Poi ci sono le attività di monitoraggio e controllo della qualità, della sicurezza dei prodotti lungo tutte le fasi della catena del valore. Ma andiamo anche oltre a questo, facendo attività di qualificazione e selezione dei nostri fornitori, stilando un’analisi continua e di valutazione dei rischi. L’attenzione all’ambiente coinvolge anche il nostro sito produttivo, il cui sistema di gestione ambientale è certificato secondo la ISO 14001. Sono i riconoscimenti ottenuti che ci spingono a proseguire in questo percorso: siamo impegnati costantemente nello studio e sviluppo di progetti di efficientamento energetico e di riduzione degli scarti. Senza dimenticare l’importanza della sicurezza degli ambienti in cui sono presenti gli impianti produttivi. Garantire alle nostre risorse ambienti salubri e sicuri, rappresenta un altro valore imprescindibile per l’azienda.