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In conversation with GIULIANA MATARRESE

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Giuliana Matarrese

In concomitanza con le sfilate di Haute Couture di Parigi, abbiamo incontrato la giornalista di moda Giuliana Matarrese nella Project Room di 10 Corso Como. A lei, appassionata di connessioni tra moda, cinema e musica, e collaboratrice di testate come Vogue, Style e Linkiesta Etc, abbiamo chiesto come sta cambiando la moda.

di Redazione

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Si parla molto di lavorazioni speciali, pezzi unici nella moda come negli accessori. Marcolin stessa produce pezzi unici per le sfilate. Ha senso oggi parlare ancora di alta moda?

«L’alta moda ha ancora senso per tre motivi. il primo è che è un laboratorio di sperimentazione, dove i brand sono al massimo del loro savoir-faire; quindi, mostrano dove sono riusciti ad arrivare. il secondo è che dove c’è un mercato di persone che hanno le possibilità economiche per comprare certi abiti, è ovvio che le maison ci si buttino. il terzo, infine, è che l’haute couture ha un’allure reputazionale, cioè permette ai brand di posizionarsi così in alto nelle menti dei consumatori, anche di tutti quelli – la maggioranza – che non possono permettersi l’alta moda, da far percepire la stessa sensazione di privilegio anche solo nel comprare il rossetto e la borsa della maison. Nello stesso modo ha senso che il settore dell’occhialeria crei prodotti unici e preziosi, magari non destinati al mercato, ma pezzi unici, preziosi che possano mostrare dove è arrivata con il suo savoir-faire tecnico».

 

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Quali sono le lavorazioni “impossibili” dell’haute couture che ti hanno colpito di più?

«Tra le ultime, sicuramente quella di Maison Margiela, realizzate da John Galliano: lui ha realizzato delle spugnature, delle pennellate in silicone che facevano apparire gli abiti come fossero bagnati dalla pioggia. poi la lavorazione nella quale il crêpe di lana veniva trattato con una speciale colla, dopo essere stata bollita, che ha creato volumi particolari, specie sulle giacche, che assumevano volumi civettuoli, un po’ a cuore. queste sono alcune delle ultime lavorazioni che l’haute couture ci ha portato, e che trasformano l’abito in manufatto artistico».

“pezzi unici, preziosi che possano mostrare dove un’azienda è arrivata con il suo savoir-faire tecnico”
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Perché per incontrarci hai scelto proprio questo luogo?

«Ho scelto come location 10 Corso Como perché rappresenta un fondamentale ponte verso il futuro, come lo sono la moda e l’occhialeria; un luogo che collega ambiti che appaiono lontani e invece non lo sono, come la moda il design, o la moda e l’arte. Il posto perfetto dove ambientare questa intervista».

 

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